Un doppio fallimento va addebitato al Pd. Il primo (dicono i sondaggi) riguarda il progetto democrat di fagocitare i pentastellati, assorbendone progressivamente l’elettorato. Di fare cioè quel che era riuscito alla Lega. Nell’anno di governo giallo-verde Salvini passò dal 17 al 34 per cento, mentre il M5s precipitava dal 32 al 17. Nell’anno di governo giallo-rosso invece, pur con qualche oscillazione, sia il Pd che il M5s sono rimasti ai nastri di partenza. Il Pd non è cresciuto, il M5s non è crollato. E comunque, anche quando i grillini hanno visto assottigliarsi i consensi, non sono stati i democrat ad avvantaggiarsene.
Si dirà che però il Pd è ormai vicino alla Lega. Vero. Ma qui si registra il secondo fallimento di Zingaretti (e di Renzi). Se il Conte 2 era nato con l’obiettivo di ridimensionare la destra, questo non è accaduto. Alle Europee del 2019 il centrodestra era intorno al 50 per cento, oggi è sullo stesso livello. Nè i democrat possono rallegrarsi troppo per il declino di Salvini, visto che ad esso corrisponde il boom di un partito egualmente (se non più) di destra come FdI. Quanto ai moderati del Cavaliere, sono ridotti all’osso.
Dove portano simili tendenze? Per un verso, all’emergere di un centrodestra più collegiale, più articolato, forse più realista. Salvini non potrà imporre la legge dell’”uomo solo”. Dovrà venire a patti con l’arrembante Meloni e avrà bisogno anche della disastrata Forza Italia. Il Papeete è lontano.
Dall’altra parte, al Pd non resta che la carta grillina. Non può che insistere su un’alleanza che pure, date le caratteristiche del M5s, appare molto faticosa. Ma se è una trappola, si tratta di una dolce trappola. Pd e M5s sono assai meno disomogenei di quanto sembri. Hanno evidenti affinità su nodi cruciali come il welfare, lo stato, il mercato, la giustizia. Non per caso all’interno del Pd sta crescendo il peso delle componenti culturalmente più vicine al grillismo, quelle stataliste, assistenzialiste, giustizialiste, mentre appaiono sempre più marginali le componenti lib-lab. È una delle conseguenze del sodalizio giallo-rosso. O, se vogliamo, è il terzo fallimento di una tradizione politica che, in altri tempi, fece scintille.
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